La salvezza viene dai Giudei

Le Scritture ebraiche dell’Antico Testamento sono e rimangono anche per i cristiani Parola di Dio. Che cosa possiamo imparare da esse in una situazione di emergenza sanitaria come quella che stiamo attraversando? Ho “tradotto” e ampliato ciò che afferma al riguardo il rabbino Alberto Somekh. Rimanete nelle vostre case fintanto che sia passato l’angelo della morte! E’ saggio chi valorizza ed ubbidisce la sapienza rivelata di Dio.

Il Signore Gesù aveva detto alla donna samaritana incontrata al pozzo di Giacobbe una verità che troppo spesso oggi si trascura (a nostro danno), vale a dire: Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei (Giovanni 4:22). Già, essi possono aver errato in varie maniere interpretandole male, ma le Scritture ebraiche erano e rimangono Parola di Dio, e quando quella tradizione vi rimane fedele (come lo è in molti aspetti della sapienza antica), la Legge di Dio (la Torah) va onorata ed ubbidita, così come faceva il Signore Gesù.

Il rabbino Someck mette in evidenza in primo luogo, un principio generale: “voi, che vi teneste stretti al SIGNORE vostro Dio, siete oggi tutti in vita” (Deuteronomio 4:4). In secondo luogo, come rileva il Talmud: “se in città c’è una pestilenza ritira i tuoi passi” (Bavà Qammà 60), cioè: chiuditi in casa. Questo principio è fatto derivare da tre principi.

Il primo è tratto dal racconto dell’ultima piaga d’Egitto, la morte dei primogeniti, scoppiata a mezzanotte. Agli Ebrei fu richiesto di non uscir di casa fino al mattino, perché una volta che il morbo colpisce potrebbe non fare più distinzioni. “Questo è il sacrificio della Pasqua in onore del SIGNORE, il quale passò oltre le case dei figli d’Israele in Egitto, quando colpì gli Egiziani e salvò le nostre case” (Esodo 12:27). E qualora pensassimo che la restrizione è in vigore solo di notte arriva un altro versetto: “Va’, o mio popolo, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte, dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l’indignazione” (Isaia 26:20), cioè l’ira divina. La pestilenza è espressione dell’ira di Dio! E qualora pensassimo ancora che potrebbe farci bene uscire insieme agli altri per vincere il timore all’interno, ricordiamoci che: “Di fuori la spada [della malattia] e di dentro il terrore spargeranno il lutto, mietendo giovani e fanciulle, lattanti e uomini canuti” (Deuteronomio 32:25). Le recenti disposizioni governative sono dunque perfettamente in linea con la tradizione ebraica e vanno rispettate. 

Ecco così che, come dice il rabbino Someck, chi esce di casa senza motivo non si limita a infrangere una legge dello Stato, ma infrange la Halakhah, cioè la legge comportamentale stabilita da Dio per il Suo popolo. Poi aggiunge: “Confidare in Dio non significa trascurare ciò che umanamente siamo tenuti a fare per preservare la salute nostra e degli altri“. 

In quel caso sicuramente non sono da fare processioni e assembramenti di preghiera! “Tutti ricordiamo Monsignor Mazenta dei Promessi Sposi che durante la peste manzoniana moltiplicava le processioni e così diffondeva la malattia”.

Che cosa possiamo imparare dagli ebrei da una situazione di emergenza sanitaria come quella che stiamo attraversando? Il rabbino dice: “Dobbiamo mettere a frutto questo periodo di clausura. Anzitutto approfittarne per studiare. Io preciserei pure studiare le Scritture per riflettere su noi stessi, identificare I nostri peccati, ravvederci da essi e riconsacrarci a Dio.

In secondo luogo dobbiamo imparare a sviluppare la dimensione domestica dell’Ebraismo, che per molti si è persa nel tempo, dal momento che quella comunitaria, cui siamo ormai abituati ad affidarci, non è al momento disponibile. Rivalutare e coltivare la vita famigliare.

Ma soprattutto dobbiamo imparare a gestire prudenza e pazienza. Pazienza verso l’esterno per via della reclusione forzata. Ma anche e soprattutto pazienza verso l’interno, verso gli altri membri della famiglia con cui ora siamo costretti a condividere spazi e tempi assai aldilà delle nostre normali abitudini. Come dice l’apostolo Pietro (evidentemente ebreo!) “Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza l’autocontrollo; all’autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’affetto fraterno; e all’affetto fraterno l’amore. Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo” (2 Pietro 1:5-8).

Dice il rabbino Someck: “Anche noi oggi stiamo vivendo un periodo di Din, in cui siamo sottoposti al Giudizio Divino. Lo stesso Ben Ish Chay (rabbino e religioso iracheno, m. 1909) racconta che portava al dito un anello su cui era incisa la scritta: “anche questo passerà”. Nei periodi lieti lo guardava ed evitava l’orgoglio pensando che le gioie terrene hanno comunque un limite. Ma anche nei periodi tristi lo osservava e diceva: “anche questo passerà” e lascerà spazio a qualcosa di differente. … “in misura della sofferenza sarà la ricompensa”. Confidiamo che Dio abbia in serbo per il nostro futuro un bene che ora non siamo minimamente in grado di immaginare. Che possiamo udire solo buone notizie!

E’ saggio chi valorizza ed ubbidisce la sapienza rivelata di Dio.

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